condominioNel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità che l’annullabilità della delibera posta a fondamento dell’ingiunzione. In caso di delibera annullabile è però necessario che il vizio sia dedotto in via di azione e non di eccezione, conformemente a quanto previsto dall’art. 1137, secondo comma c.c. (Cass. civ., SS.UU., sentenza n. 9839/2021 – testo in calce).

Con la lunga e ben argomentata sentenza in commento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione tornano a pronunciarsi sull’impugnazione delle delibere assembleari per violazione dei criteri di riparto delle spese comuni.

Varie le questioni affrontate, dando conto per ciascuna dei diversi orientamenti giurisprudenziali sul punto.

Tra queste la possibilità, per il giudice adito in sede di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il rimborso degli oneri condominiali, di rilevare o meno l’invalidità della delibera posta a fondamento dell’ingiunzione e la problematica inerente l’esatto inquadramento del vizio, in termini di nullità o di mera annullabilità, con ovvie, rilevanti conseguenze sotto il profilo dell’impugnazione.

Sommario

Il caso

La pronuncia trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo promosso da un condominio nei confronti di uno dei condomini, cui veniva richiesto il pagamento delle spese sostenute per lavori di rifacimento e impermeabilizzazione del lastrico solare dell’edificio, poste a suo carico in base a precedenti deliberazioni assembleari.

Il condomino proponeva opposizione al decreto ingiuntivo e ne chiedeva la revoca, deducendo, tra l’altro, la nullità delle delibere assembleari invocate e la violazione dei criteri legali di riparto delle spese condominiali.

Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione e la pronuncia trovava conferma anche in appello.

La Corte territoriale rilevava infatti che il condomino non aveva impugnato la delibera con cui era stato disposto il riparto delle spese a suo carico, per cui la deduzione di invalidità della stessa gli era preclusa nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

La vicenda giungeva in Cassazione e veniva assegnata alle Sezioni Unite della Corte, nel tentativo di comporre il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alle questioni della nullità delle delibere assembleari e dell’estensione dell’oggetto del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il recupero degli oneri condominiali.

I motivi di ricorso e l’ordinanza di rimessione

Tra i motivi di ricorso il ricorrente lamentava principalmente l’essergli stato negato di dedurre l’invalidità della delibera assembleare nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, trattandosi, secondo la Corte d’Appello, di questione da far valere mediante separata impugnazione.

Dal motivo in esame la Sezione rimettente della Corte ha enucleato altre tematiche, finora decise in senso difforme dalle Sezioni semplici e di seguito sintetizzate.

In primis la necessità di capire se il giudice adito nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso per la riscossione delle spese condominiali, possa sindacare eventuali ragioni di nullità della delibera assembleare su cui è fondata l’ingiunzione, o si tratti invece di valutazione riservata al giudice adito per l’impugnazione della delibera.

In secondo luogo, l’esigenza di stabilire il tipo di invalidità che inficia le delibere condominiali di riparto delle spese, adottate in violazione dei criteri legali o convenzionali, in particolare se siano nulle oppure meramente annullabili.

Il sindacato del giudice dell’opposizione in caso di delibera nulla

Quanto alla prima questione, la giurisprudenza ha inizialmente risposto in senso negativo, ritenendo che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo debba limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia della delibera, senza poterne sindacare la validità, neppure in via incidentale, trattandosi di valutazione riservata al giudice dinanzi al quale la delibera viene impugnata (così Cass., SS. UU., n. 26629 del 18.12.2009; in senso conforme si vedano, tra le tante, Cass., Sez. 2, n. 3354 del 19.02.2016; Cass., Sez. 2, n. 8685 del 28.03.2019; Cass., Sez. 2, n. 21240 del 09.08.2019).

Queste conclusioni sono state poi contraddette da un nuovo, più recente orientamento che ha affermato il diverso principio secondo cui, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, il limite alla rilevabilità d’ufficio dell’invalidità della delibera sottostante non opera quando si tratta di vizi implicanti la sua nullità: ciò sul presupposto che la validità della delibera è elemento costitutivo della domanda di pagamento e come tale il giudice è chiamato ad appurarla (in tal senso Cass., Sez. 2, n. 305 del 12.01.2016; Cass., Sez. 2, n. 19832 del 23.07.2019).

Le Sezioni Unite aderiscono a questo secondo orientamento, rilevando che la validità della delibera posta a fondamento dell’ingiunzione costituisce il presupposto necessario per la conferma del decreto: non può quindi precludersi al giudice dell’opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento dell’opposizione.

A questa ragione si affiancano anche considerazioni di economia processuale, dato che riconoscere al giudice dell’opposizione la possibilità di sindacare la validità della delibera consente anche di definire nello stesso giudizio tutte le questioni ad essa relative, evitando la proliferazione delle controversie e il rischio di contrasto tra giudicati.

Nullità, annullabilità e poteri di rilevo del giudice dell’opposizione a d.i.: i principi di diritto

Quanto sopra detto vale innanzitutto nel caso di delibera assembleare nulla, poiché diversamente concludendo si costringerebbe il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo a ritenere giuridicamente efficace ciò che invece non lo è. Ma secondo le Sezioni Unite può valere anche per le delibere annullabili, seppur con alcune, doverose precisazioni, in ragione delle modalità processuali imposte dall’art. 1137, secondo comma c.c..

La norma prescrive infatti l’azione di annullamento come “unico modello legale” attraverso il quale far valere l’annullabilità delle delibere assembleari, consentendone la proposizione in via principale – nell’ambito di un autonomo giudizio – o in via riconvenzionale, anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, ma escludendola in via di eccezione.

Sulla scia delle considerazioni precedenti, le Sezioni Unite enunciano quindi i seguenti principi di diritto: “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione- mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto e non in via di eccezione.”.

“Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l’eccezione con la quale l’opponente deduca l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d’ufficio dal giudice.”

Invalidità delle delibere di riparto di oneri condominiali: nullità e annullabilità

I giudici si soffermano poi sulla questione inerente il tipo di invalidità che inficia la delibera assembleare di riparto delle spese condominiali, quando questa sia adottata in violazione dei criteri legali o convenzionalmente stabiliti: sia chiedono in particolare se debba parlarsi di nullità o di “mera” annullabilità, vizi cui ovviamente consegue uno specifico, diverso regime.

Sul punto la giurisprudenza si è espressa in modo contrapposto fino alla pronuncia di Cass., SS. UU. n. 4806 del 2005, che ha tracciato il criterio distintivo tra delibere assembleari nulle e annullabili, individuandolo nella contrapposizione tra “vizi di sostanza” – inerenti il contenuto delle deliberazioni – e “vizi di forma” – attinenti invece alle regole procedimentali per la formazione delle delibere.

Un criterio che tuttavia ha alimentato a sua volta pronunce di segno opposto, proprio in merito a delibere assembleari di riparto delle spese condominiali, adottate in violazione di criteri legali o convenzionali.

L’orientamento delle SS.UU.

A fronte di tale contrasto, le Sezioni Unite della Corte ritengono di dover ribadire i principi già affermati nel 2005, seppur con le precisazioni che seguono.

L’esigenza di assicurare certezza ai rapporti giuridici facenti capo ad un’entità così complessa come il condominio, spiega il favor legislativo per la stabilità delle deliberazioni assembleari e la mancata previsione di fattispecie di nullità, un’impostazione confermata e anzi accentuata dalla recente riforma sul tema.

Il tenore dell’art. 1137 c.c. non lascia infatti dubbi sull’intento di ricondurre ogni forma d’invalidità delle delibere assembleari alla figura dell’annullabilità, anche se ciò non significa – osservano i giudici – che la categoria della nullità sia totalmente espunta dalla materia.

Il legislatore ha piuttosto elevato l’annullabilità a regola generale, riservando alla nullità un ruolo residuale e di mera eccezione, in linea con l’impostazione tradizionale secondo cui la nullità consegue alla carenza o all’impossibilità di un elemento costitutivo o di un requisito legale di efficacia.

I principi di diritto

Sul punto le Sezioni Unite affermano quindi che “In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell’assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico – dando luogo, in questo secondo caso, ad un “difetto assoluto di attribuzioni” – e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all’“ordine pubblico” o al “buon costume”; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ.”.

“In tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, numeri 2) e 3), cod. civ. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, secondo comma, cod. civ.”.

Conclusioni

Muovendo dai principi sopra enunciati, le Sezioni Unite rilevano che la Corte territoriale ha quindi errato affermando di non poter sindacare la nullità e l’annullabilità delle delibere assembleari poste a fondamento dell’ingiunzione, dovendosi piuttosto concludere in senso contrario.

Malgrado ciò, i giudici osservano che la sentenza d’appello non può essere cassata perchè, alla luce dei principi di diritto su indicati, le delibere assembleari invocate nel giudizio in esame sarebbero meramente annullabili e non nulle, come prospettato dal ricorrente.

Questi avrebbe quindi dovuto esercitare l’azione di annullamento nei modi e nei tempi previsti dall’art. 1137 c.c., mentre la mancata proposizione del giudizio implica il necessario rigetto del ricorso per cassazione.

CASS. CIV., SEZIONI UNITE, SENTENZA N. 9839/2021 >> SCARICA IL PDF

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