carcereLa Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 97 dell’11 maggio 2021, è intervenuta sulla questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nonché dell’art. 2 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203, con riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui escludono che possa essere ammesso alla liberazione condizionale il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, che non abbia collaborato con la giustizia (testo in calce).

E’ stata sottoposta a verifica di legittimità costituzionale la disciplina che non consente di concedere la liberazione condizionale al condannato all’ergastolo, per delitti di contesto mafioso, che non collabori utilmente con la giustizia e che abbia già scontato ventisei anni di carcere (anche grazie ai provvedimenti di liberazione anticipata).

L’ordinanza di rimessione censurava le norme di cui sopra in quanto introduttive, a carico del condannato, per detti reati ostativi, che non collabori utilmente con la giustizia, di una presunzione di mancata rescissione dei legami con la criminalità organizzata, che comporta che le richieste del detenuto di accedere alla liberazione condizionale siano dichiarate inammissibili senza poter essere oggetto di un vaglio concreto da parte del giudice di sorveglianza.

La disciplina “ostativa” contenuta all’interno dell’art. 4-bis, comma 1, ord. penit., comporta che l’utile collaborazione da parte del condannato all’ergastolo, a seguito di reati connessi alla criminalità organizzata, sia un presupposto indefettibile per l’accesso alla liberazione condizionale, sancendo a carico del detenuto non collaborante una presunzione di perdurante pericolosità, dovuta, in tesi, alla mancata rescissione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata. Si tratta di una presunzione assoluta, in quanto non superabile da altro se non dalla collaborazione stessa, che lo esclude in radice dall’accesso ai benefici penitenziari e, fra questi, alla liberazione condizionale.

La Corte Costituzionale afferma innanzitutto come detta presunzione non sia, in sé stessa, in contrasto con la Costituzione, in quanto l’appartenenza ad una associazione di stampo mafioso implica, di regola, una adesione stabile a un sodalizio criminoso, fortemente radicato nel territorio, caratterizzato da una fitta rete di collegamenti personali, dotato di particolare forza intimidatrice e capace di protrarsi nel tempo. E’ quindi ben possibile che il vincolo associativo permanga inalterato anche in esito a lunghe carcerazioni, proprio per le caratteristiche del sodalizio criminale in questione, finché il soggetto compia una scelta radicale di distacco, come quella che generalmente viene espressa con la collaborazione con la giustizia.

L’incompatibilità con la Costituzione deriva dal carattere assoluto della presunzione, che fa della collaborazione con la giustizia l’unica strada a disposizione dell’ergastolano per accedere alla valutazione della magistratura di sorveglianza da cui dipende la sua restituzione alla libertà.

La Corte afferma, però, che spetti al Parlamento modificare questo aspetto della disciplina relativa all’”ergastolo ostativo”, posto che un intervento meramente demolitorio della Corte potrebbe produrre effetti disarmonici sul complessivo equilibrio di tale disciplina, compromettendo le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa.

Appartiene, invece, alla discrezionalità legislativa decidere quali ulteriori scelte possano accompagnare l’eliminazione della collaborazione quale unico strumento per accedere alla liberazione condizionale, quali, ad esempio, l’emersione di specifiche ragioni della mancata collaborazione o l’introduzione di prescrizioni peculiari che governino il periodo di libertà vigilata del soggetto.

L’intervento di modifica di tali aspetti deve essere oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa; le esigenze di collaborazione istituzionale impongono di disporre il rinvio del giudizio in corso con fissazione di una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia.

CORTE COSTITUZIONALE, ORDINANZA N. 97/2021>> SCARICA IL PDF

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